giovedì 24 agosto 2017

Ventagli e tuffi


«Appena appoggio la penna sul foglio, nelle mie orecchie risuona una musica di sottofondo, un valzer che potrebbe provenire dal salone dell’albergo o dal giardino dei ciliegi. Aspetto il crescendo e mi concentro. Queste righe rimarranno a memoria della mia impresa, un po’ come se fossero un biglietto di saluto, le lettere di Majorana, i pezzi dei sei artisti scomparsi dalla locomotiva d’epoca. È così che li leggerà la signora Adriana, lo so. Me la immagino mentre fissa la carta intestata dell’albergo, tira Sam per la maglietta dicendo: “Guardi, vede quanti indizi? Per questo stamattina Mic ha lasciato il cellulare spento, per questo non era in albergo al nostro risveglio e non ci ha dato notizie, qua si spiega tutto” e si fa aria con un ventaglio che ha impressa sopra la scritta Venezia. Nella realtà quel ventaglio la signora Adriana non ce l’ha, ma nel film il gesto di aprirlo e chiuderlo con un colpo secco del polso facendo apparire e scomparire di continuo la scritta e le immagini della città aumenterà la suspense e aggiungerà inquietudine. Sam la rassicurerà, si affretterà a cercare di convincerla che io non farei mai una cosa del genere, per la semplice ragione che non ne ho alcun motivo. Chi scompare sente la necessità di esprimersi liberamente, ma io questo lo posso già fare, ribadirà Sam alla signora Adriana, nessuno riesce a impedirmelo, tant’è vero che oggi sono qui a Venezia per tuffarmi da un canale all’altro insieme a una combriccola di pazzi scriteriati privi di ogni logica e prudenza.»
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