martedì 6 febbraio 2018

La vertigine del caso su Leggo Quando Voglio

«Le idee di Chizzini sono tante, originali, divertenti e molto piacevoli da leggere.» Samantha di Leggo Quando Voglio parla de “La vertigine del caso” sottolineando lo stile «scorrevole, divertente ma, soprattutto, mai banale», la scelta di raccontare in prima persona che «dona un senso di realismo maggiore» e l'introspezione della voce narrante che «è sicuramente ciò che incuriosisce di più all'interno del libro», le ambientazioni e l'atmosfera («Mic dà grande importanza ai luoghi che visita; ne percepisce le sensazioni, li vive in maniera profonda, non soffermandosi puramente al loro aspetto esteriore e, perciò, anche noi riusciamo a percepirli, a sentirci come se fossimo lì») e chiude dicendo: «Consiglio questo libro a tutti e, personalmente, non vedo l'ora di leggere anche il secondo movimento!».
La scheda di Leggo Quando Voglio è dettagliata, divisa in Trama in breve, Incipit, Recensione, Citazioni, Sinossi ufficiale. Qui di seguito trovate la recensione, i materiali completi invece al link http://www.leggoquandovoglio.it/libro/5a6b38df379858b002a0e64e.


La Vertigine del Caso - Primo Movimento

Voto: 8
Prima edizione: 2016
Numero di pagine: 313
Editore: Self-Publishing
Consigliato: Si

La mancanza di consuetudine fa risaltare certe cose. L'ineleganza, per esempio.
La vertigine del caso - Primo Movimento di Vanessa Chizzini dimostra, ancora una volta, come lo stereotipo del libro autopubblicato inferiore per qualità a quelli editi da una Casa Editrice sia totalmente errato.
Come ho già ribadito, se ci sono professionalità e cura si ottengono ottimi risultati indifferentemente dal metodo di pubblicazione utilizzato e, questo volume, ne è la dimostrazione evidente. Lo possiedo in edizione cartacea e mi piace davvero molto, il font, la grandezza del carattere, la spaziatura ai lati: tutto perfetto. Personalmente non ho trovato alcun refuso mentre, solitamente, trovo almeno un errorino o due a libro, questo non è frutto del caso ma di un'attenzione ben precisa avuta dall'autrice sulla sua opera.
Se siete, perciò, tra coloro che guardano con sospetto il Self-Publishing vi invito a dare una possibilità a questo libro: non solo non ve ne pentirete, ma cambierete drasticamente idea sulla categoria in generale; mai giudicare prima di conoscere!
Detto questo inizio con la recensione vera e propria!
La vertigine del caso - Primo Movimento è il primo libro dell'autrice Vanessa Chizzini che leggo e, sin dall'inizio della lettura, si è distinto per la sua qualità. L'autrice non appare come un'emergente ma come una scrittrice già affermata perché la sua narrazione non ha in alcun momento i tentennamenti tipici dell'inesperienza.
Il volume si divide in due parti: L'eleganza matta e Vertigini e stravedimenti. Si tratta, perciò, di quella che potremmo definire una raccolta composta da due soli racconti, lunghi abbastanza da poter esseri considerati romanzi brevi.
Per quanto l'autrice delle due opere sia la stessa e anche il filone seguito sia il medesimo (stessi personaggi e la seconda storia è temporalmente ambientata l'anno successivo alla prima) ho notato diverse differenze tra le due letture, per questo motivo oltre che a parlarvi in generale degli elementi che, solitamente, prendo in considerazione nelle mie recensioni, vi specificherò anche le divergenze che ho avvertito esistere tra le due opere. Queste potrebbero essere interessanti per voi perché questi due racconti sono disponibili anche singolarmente in formato ebook. Alla fine della recensione vi metterò tutti i link di Amazon che potrebbero interessarvi!
Come sempre, prediligo partire da ciò che più mi ha colpito del libro e, come spesso accade quando apprezzo un'opera di un nuovo scrittore (o autrice, in questo caso) l'elemento prescelto è lo stile. Come ho già anticipato poco più sopra, la penna di questa scrittrice è molto convincente; non ho notato alcun passaggio stonato che potesse denotare un'insicurezza. Il linguaggio è un buon connubio tra uno stile elegante e maggiormente ricercato e il normale parlare della vita quotidiana di tutti noi. È scorrevole, divertente ma, soprattutto, mai banale. Lascia riflettere su molti concetti senza adoperare quelle che, ormai sapete, io chiamo frasi acchiappa-lettore. Chizzini non dà mai l'impressione di aver inserito un qualche concetto a bella posta, tutto scorre come se stessimo leggendo qualcosa di reale ma profondo, un'immagine fugace che ci permette di ampliare i nostri pensieri verso concetti che prima non avevamo soppesato. In poche parole, Vanessa Chizzini scrive molto bene, colpisce senza abusare della sua buona dialettica che, se fosse stata calcata di più, avrebbe potuto dare una sensazione di minore realismo e maggiore esercizio di stile (che io, comunque, amo immensamente), ho apprezzato molto il suo modo di scrivere e credo che sia adatto ad ogni genere di lettore. 
Come nella vita c'è l'eleganza matta dei colpi di testa, e un'eleganza non codificata di compassi che tracciano di compassi che tracciano ellissi schiacciate e di violoncelli che s'impennano in stridii dissonanti.
L'autrice non si fa sentire personalmente all'interno del libro; il suo ruolo nella narrazione dà l'impressione di combaciare con il punto di vista della protagonista, questo perché non ci sono interventi esterni che ampliano quanto ci viene raccontato e, soprattutto, perché la vicenda ci viene narrata in prima persona. Questa scelta, che solitamente non amo, è particolarmente adatta ai racconti de La vertigine del caso e dona un senso di realismo maggiore, anziché limitare la nostra capacità di conoscere e comprendere gli scenari delineati. La scelta narrativa è, in questo caso, un valore aggiunto del libro.
La protagonista, Mic, è una donna intelligente, introspettiva e profonda. Impariamo ad entrare immediatamente nella sua mentalità; sin da subito riusciamo ad inquadrarla e ad apprezzarla. Più che a raccontare ciò che succede Mic si sofferma sulle sensazioni provate all'interno della scena. Come se quanto ci viene raccontato non fosse semplicemente una storia ma fosse lei in prima persona (come effettivamente accade) a scegliere cosa mostrarci, per farci capire qualcosa di ben più ampio, che va al di là di ciò che succede nella pratica.
La sua introspezione è sicuramente ciò che incuriosisce di più all'interno del libro; è una donna ironica e autoironica, seppur inconsapevolmente, che volge la sua attenzione sul conoscere nel modo più completo possibile il mondo che la circonda; così sente di poter capire anche la sua interiorità.
Mic non si rivolge a noi, non sa della nostra presenza, e proprio per questo si lascia andare, pensando tutto ciò che le viene in mente senza imporsi filtri o limitazioni.
Qualcosa non quadra.
Sembra la metafora della mia vita.
Forse questa famiglia è la metafora che mi serve per decifrare ogni cosa.
[...]
Se risolvo questo mistero avrò in pugno la mia vita.

L'introspezione dei personaggi, invece, l'ho apprezzata in maniera differente all'interno delle due storie. Entrambe sono focalizzate sulla figura di Mic ma, mentre la prima indugia anche su altri personaggi (l'amico di Mic, Sam e i vicini di ombrellone) nella seconda, seppure vi siano altri due personaggi presenti anche nel racconto precedente, l'introspezione della protagonista diventa l'unica davvero evidente. Probabilmente nella prima storia questo elemento è stato maggiorente esteso perché si trattava di un'introduzione dei personaggi, ma questo aspetto mi è in parte mancato in Vertigini e stravedimenti.
Quando Sam ride mi è difficile restare indifferente. Come se nella risata di quel preciso momento ci fosse memoria di tutte le nostre risate passate.
A Sam succede lo stesso quando rido io. Le nostre risate stratificate nel tempo sono contagiose.

Entrambe le parti sono, perciò, introspettive anche se in misura differente. Nel primo racconto la protagonista mi ha dato l'impressione di aprirsi di più alle persone, forse proprio perché l'esperienza che sta vivendo è stata programmata da un'altra persona e, per quanto rispetti sempre i suoi principi e le sue priorità, sembra sforzarsi maggiormente (riuscendoci) di provare qualcosa di inedito. Questo si esplicita in piccole cose, come ad esempio una chiacchiera in più in fila per le cabine spalma-crema, nulla che la snaturi, insomma, ma che semplicemente la renda più aperta al mondo esterno. Nel secondo, invece, Mic vive un'esperienza scelta da lei e questo si estrinseca in una quasi chiusura agli input esterni, perlomeno a quelli derivanti dalle persone, i suoi compagni di viaggio la fanno a tratti uscire dal bozzolo che i suoi pensieri le hanno creato attorno ma lei emerge per poco tempo, per poi tuffarcisi nuovamente e nascondersi ancora più in profondità. Per questi motivi il mio ritmo di lettura è stata molto diverso; ho divorato L'eleganza matta e sono, invece, andata cauta con Vertigini e stravedimenti. Per quanto la protagonista si apra inconsapevolmente a noi, sono riuscita ad entrare meno nel suo mondo interiore e, perciò, mi sono fatta avanti con la lettura in maniera più guardinga.
Uno degli aspetti che ho maggiormente apprezzato, è stata l'ambientazione. Cambia completamente nelle due storie, spiaggia per la prima e Venezia per la seconda ma, in entrambi i casi, è veramente semplice vedere tutto ciò che circonda la protagonista. Mic dà grande importanza ai luoghi che visita; ne percepisce le sensazioni, li vive in maniera profonda, non soffermandosi puramente al loro aspetto esteriore e, perciò, anche noi riusciamo a percepirli, a sentirci come se fossimo lì con lei.
Ho nuotato nella bellezza, nel mio silenzio adorato di bolle e contrabbasso, nell'acqua che si frange e si spande concentrica inghiottendo ogni cosa e avvolgendomi nella sua solitudine opaca, dove ogni incontro è un fuggevole saluto di corpi che stanno andando altrove.
Questo elemento ha anche grandemente influito sulla mia capacità di percepire l'atmosfera: Chizzini non ha avuto bisogno di raccontarmi gli stati d'animo di Mic, li capivo anche solo leggendo le sue descrizioni di ciò che vedeva e notava. 
Com'è possibile rendersi conto che l'ingiustizia è virale?
Che l'ingiustizia nei confronti di uno è già in sé ingiustizia nei confronti di un altro, e domani lo diventa davvero? Un diritto mancante o un diritto perso sono la prova che altri diritti possono essere calpestati, che gli esseri umani non sono tanto risoluti e attenti da combattere per ciò che manca e da vigilare su quello che si è ottenuto.

Entrambi gli incipit sono accattivanti. Partono con l'immagine di ciò che viene visto da Mic e, in entrambi i casi, ciò che ci viene descritto è suggestivo: da una parte troviamo la novità delle cabine spalma-crema e, dall'altra, un antico treno, e ci chiediamo come e in che modo possa essere stato visto dalla nostra protagonista.
Entrambe le trame sono molto piacevoli da leggere, l'autrice è riuscita a dimostrare che, oltre al talento e alla professionalità (che traspaiono dallo stile, ma anche dagli altri elementi del libro) è anche dotata di un'incredibile immaginazione. Ciò che incontriamo all'interno di queste storie, infatti, non solo non è banale ma è suo, è riuscita ad inventare cose che realmente potrebbero esistere ma che, effettivamente, non sono mai state create. Pensate che le cabine spalma-crema che troviamo nel primo racconto sono persino diventate un brevetto! Lasciatemelo dire, io sono stata totalmente conquistata dall'idea, ammetto che le proverei più che volentieri!
Da questa stravagante (ma credibile) trovata nasce quella della storia successiva: una rappresentazione artistica che vede le cabine spalma-crema come una metafora.. non aggiungo altro per non darvi anticipazioni ma potrete scoprire di più leggendolo.
Le idee di Chizzini sono tante, originali, divertenti e molto piacevoli da leggere.
Sarà che la nascita delle idee è una delle cose che mi appassiona di più.
Le idee cambiano continuamente il mondo e la percezione che abbiamo di noi.
Un'idea ha cambiato faccia a questa spiaggia. Entrando nello stabilimento, sulla destra adesso ci sono tre cabine spalma-crema.

Trattandosi di racconti introspettivi e non particolarmente legati alla dinamicità (per quanto quest'ultimo aspetto sia presente, anche se non in maniera preponderante) non troviamo uno svolgimento che mira a sbalordirci; l'autrice continua sulla linea già tratteggiatoci, rimanendo coerente con quanto ci aspettiamo dall'incipit della storia. Non è perciò un libro da scegliere per i colpi di scena eclatanti bensì per il significato di quanto viene raccontato.
Pensare non è altro che prepararsi. Disegnare una mappa, stabilire un percorso, e un piano di riserva nel caso in cui le cose dovessero andare storte. O salvarsi con la fantasia, immaginando uno scenario che ci corrisponda più di quello reale e magari provando, giorno dopo giorno, a mettere in atto le nostre rivoluzioni, grandi e piccole. Sempre con la convinzione che siano belle, ancora con la speranza che possano essere non violente.
I due finali mi sono piaciuti in maniera differente. Il primo l'ho trovato maggiormente conclusivo; il cerchio si è chiuso e così il racconto. L'ho apprezzato proprio perché mi ha dato una sensazione di compiutezza che riesco a provare difficilmente perché come sapete, amo la prolissità. Qui, invece, Chizzini dimostra ancora una volta la sua efficacia: le parole giuste al momento giusto.
Il secondo è maggiormente poetico, più interessante dal punto di vista emotivo che da quello della storia, considerata meramente come ciò che accade. Mi ha dato la sensazione di essere stato concluso troppo velocemente, ma non metto in dubbio che per altri non sarà così.
In conclusione, questa scrittrice merita davvero molto, già con il suo stile di scrittura mi avrebbe convinta a rilleggere qualcos'altro di suo ma, con l'originalità della trama, le stupende ambientazioni e le capacità osservative della protagonista mi ha, definitivamente, avvinta.
Consiglio questo libro a tutti e, personalmente, non vedo l'ora di leggere anche il secondo movimento!
Dove andranno Sam e Mic la prossima volta?