domenica 20 agosto 2017

La vertigine del caso su Il Caffè Letterario – Settima puntata

Con la settima puntata si conclude il viaggio che Virginia Villa ha intrapreso su Il Caffè Letterario tra le pagine de La vertigine del caso e possiamo riassumerlo con queste sue parole: «Dire che questo romanzo mi è piaciuto è riduttivo, dovrei dire piuttosto che mi ha coinvolta facendomi emozionare e, soprattutto, riflettere davvero tanto». Buona lettura di quest'ultima puntata!

La vertigine del caso – Settima Puntata

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Eccoci giunti all’ultima puntata del progetto letterario “La vertigine del caso” di Vanessa Chizzini.
In questo percorso, lungo sette puntate abbiamo avuto modo di conoscere a fondo ogni aspetto di questo incredibile romanzo che l’autrice ha deciso di pubblicare tramite l’autoproduzione.
Ma vediamo tutte le tappe che ci hanno condotto fino a questa settima puntata.
Come ho avuto modo di raccontarvi durante il primo appuntamento, “La vertigine del caso” è incentrato su due movimenti. Il primo movimento è composto da due racconti: “L’eleganza matta” e “Vertigini e stravedimenti”. Il secondo movimento è costituito, per ora, da un racconto: “Questo nostro mondominio”, il secondo racconto è in fase di stesura.
Le protagoniste di questa avventura sono Mic, Sam e la Signora Adriana, ma prima ancora di conoscerle e scoprire i loro caratteri, la nostra attenzione viene catturata da una fantastica invenzione, una di quelle invenzioni che in estate, in spiaggia, vorremmo tutti avere a disposizione: la cabina spalma-crema.

“Se non fossero impregnate di crema solare, le setole delle spazzole potrebbero fare l’effetto di mille piume che insistenti sfiorano ogni centimetro di pelle. Invece la crema rende quel loro solleticamento simile a uno scivolo d’acqua che inebria d’allegria”.

Vanessa Chizzini ci presenta poi le vere protagoniste del romanzo: Sam e Mic. Mentre Sam è estroversa, mondana, socievole e sempre alla ricerca di nuove attività da fare per tenersi impegnata e passare del tempo con altre persone, Mic è esattamente il contrario. È riflessiva, seria, ama stare da sola e perdersi in infiniti pensieri.
Fin dall’inizio del libro capiamo che c’è qualcosa che non va in Mic, qualcosa che non le permette di vivere spensierata e, andando avanti nella lettura, capiamo che questo ha a che fare con la sua vita.
Per questo motivo tenta di decifrare le vite degli altri per risolvere il mistero della sua vita.
Sebbene le cabine spalma-crema siano un’invenzione spettacolare, non risparmiano problemi e disguidi tra i bagnanti della spiaggia nella quale sono installate, l’organizzazione e il regolamento che vi stanno dietro, infatti, si sono rivelati un disastro. A pensarla così è Mic, che non concepisce l’idea che vi siano diritti di precedenza per usufruire dell’invenzione.
Infatti, il regolamento permette a coloro che possiedono l’ombrellone di utilizzare le cabine gratuitamente e, mostrando il braccialetto di riconoscimento, anche di avere diritto di precedenza su chi, invece, non dispone di un ombrellone.

“Un braccialetto non è un meccanismo” sentenzia il signore baritonale con decisione. “Un braccialetto non regola niente! Invece un meccanismo permetterebbe di dare la precedenza ai vostri clienti facendo avanzare anche le altre persone. Più lentamente, certo, ma in modo da raggiungere le cabine in un tempo non infinito.”

“È l’abisso del nostro essere umano, la nostra grettezza. O la nostra infelicità, direbbe qualcuno. L’evidenza contro cui si infrangono i nostri sogni. Non siamo neanche capaci di starcene tranquilli un sabato mattina al mare…

…Sarà davvero la nostra infelicità? Qualcosa di connaturato in noi o piuttosto la scontentezza che ci viene dalle nostre vite? Dal fatto di condurre esistenze che non amiamo, a volte senza nemmeno rendercene conto?”

Il libro è ricchissimo di riflessioni di Mic e le ho amate tutte, ma una in particolare mi è rimasta in mente. Quando Mic e Sam sono al loro ultimo giorno che passeranno al mare Mic estende i suoi pensieri e le sue riflessioni anche agli altri bagnanti, quelli che, per un motivo o per un altro, hanno attirato la sua attenzione.

“Il problema è che stanno guardando lo stesso oggetto, ma non stanno parlando della stessa cosa…
…Come capire quel che si vuole quando si vogliono cose diverse?…
…Come conciliare desideri cha vanno in direzioni divergenti? Come far coesistere una donna che traballa ubriaca sotto la pioggia gelata e una che ciabatta nel tepore di casa con in mano una caffettiera appena tolta dal fuoco?
Esiste una lingua comune, un esperanto delle esperienze e delle speranze che la metta in comunicazione senza zittire nessun impulso, arrivando ad armonizzare gli opposti e a contenere l’esistente come dentro una palla di vetro?

“Perché no, non mi accontento e non so se quello che cerco è l’assoluto, come dice Sam, ma di certo è qualcosa che non si consuma, non è in vendita, non è uguale per tutti e perciò non è conforme, un momento di intensità e pienezza, senza distrazione. Se siamo molte cose, dobbiamo anche riuscire ad esserne una sola, almeno di tanto in tanto, trovare la lingua che condensi i nostri desideri, farli risuonare all’unisono e inarcarci a raccogliere i soffi, in armonia con l’universo o in contrasto con il mondo non importa, purché sia in accordo con noi stessi.”

Ecco che senza accorgercene ci ritroviamo sempre in compagnia di Sam, Mic e la Signora Adriana un anno dopo a Venezia. Il viaggio per arrivare nella meravigliosa città si rivela, però, più lungo del previsto. Passata Padova, poco prima dell’arrivo a destinazione, il treno interrompe la sua corsa a causa di un problema riguardante un altro treno, Una locomotiva a vapore d’inizio Novecento.
Vi avevo avvisato. Le riflessioni di Mic vi accompagneranno per tutto il libro ed eccone un’altra molto interessante:

“Questo treno piantato qui, mentre i passeggeri e macchinisti se ne sono andati, mi fa inevitabilmente pensare al Novecento. Il Novecento è il secolo in qui abbiamo abbandonato i nostri ideali. Qualcosa scappando dal treno ce lo siamo portato dietro, un libro, una giacca, un quaderno, ma più come rimpianto e ricordo che come uno strumento da usare ancora nella vita. Più come un’alzata di spalle che come uno sguardo all’orizzonte ancora capace di orientare l’agire.

Mi vengono in mente due cose contemporaneamente, ma non è del Novecento che parlo.
Chissà dov’è andato Ettore dico.
Ettore chi? chiede la Signora Adriana girandosi verso di me.
Ettore Majorana. Se lo ricorda?

“È l’illusione della fuga come soluzione, la famosa seconda possibilità, quella da non fallire più.”
“No, forse è qualcosa di più di un’illusione” interviene la Signora Adriana. “In fondo, le seconde volte dovrebbero portare con sé maggiore consapevolezza. Sparire lasciandoci tutto alle spalle per riapparire altrove con un altro nome e un’altra storia è la grande opportunità di mettere a frutto tutto ciò che noi abbiamo finalmente capito.”

Ho trovato incredibile la descrizione che l’autrice fa della visita di Mic all’installazione della Biennale di Venezia che ripropone le famose cabine spalma-crema.

“L’installazione proposta da Olafur Gunnarsson e Agatha Stefansdottir è caratterizzata da un approccio fortemente materico che reca in sé un’impronta primordiale: il buio, le rocce, l’acqua, che si tramutano nel percorso in luce, sabbia, mare. L’esperienza che viene dunque chiamato a compiere il visitatore è quella di un viaggio nel tempo, dove però il tempo non è solo quello dell’universo, ma anche il tempo della vita umana scandito dalle diverse stagioni che la contraddistinguono e dai loro sogni e umori.”

Sono passaggi come questo che mi confermano la bellezza di un libro. Ogni pagina di “La vertigine del caso” è un invito a riflettere su noi stessi, su quello che abbiamo, che vorremmo. È una riflessione sulla nostra vita in generale ed io sono molto grata a Vanessa Chizzini per aver scritto questo capolavoro.
Verso la fine del romanzo, vediamo Mic, Sam e la Signora Adriana impegnarsi nel risolvere il mistero di sei artisti scomparsi improvvisamente e senza logica spiegazione.
Il motivo per il quale questo fatto incuriosisce le nostre amiche risiede nella scelta presa dagli organizzatori del festival, che avrebbe ospitato gli artisti, di pubblicare le loro opere anche se gli artisti non sono stati ancora ritrovati.
Le teorie sulla scomparsa degli artisti sono molte, c’è chi dice che siano stati rapiti, chi addirittura pensa agli ufo, ma le nostre protagoniste sono certe che la verità sia un’altra: gli artisti hanno deciso di scomparire per loro volontà.
Dire che questo romanzo mi è piaciuto è riduttivo, dovrei dire piuttosto che mi ha coinvolta facendomi emozionare e, soprattutto, riflettere davvero tanto.
Mi rivedo molto in Mic e sento di capire le sue emozioni e i suoi sentimenti perché, in fondo, sono anche i miei. Questo non mi succedeva da tanto tempo e rivivere questa sensazione mi ha fatto bene all’anima.
Ringrazio ancora tantissimo Vanessa Chizzini che mi ha permesso di leggere e amare il suo romanzo, la sua gentilezza e la sua disponibilità sono tanto rare quanto apprezzate.
Questa, però, non è proprio l’ultima puntata perché, per chi avrà la pazienza di seguire il blog, prossimamente ci sarà una bella sorpresa!

Come sempre vi segnalo il sito di Vanessa Chizzini e la pagina Facebook de “La vertigine del caso”:
Se volete acquistare il libro cartaceo potete farlo al link: https://www.amazon.it/vertigine-del-caso-Vanessa-Chizzini/dp/8892598767 In alternativa potete acquistare i singoli racconti in formato ebook ai seguenti link: – L’eleganza matta: https://www.amazon.it/dp/B00DJFZ58U/ – Vertigini e stravedimenti: https://www.amazon.it/dp/B00PTX5QY8/ – Questo nostro mondominio: https://www.amazon.it/dp/B071YT647L

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