Sul blog Gli
scrittori della porta accanto faccio due chiacchiere con Ornella Nalon e parlo
un po' di me e de La vertigine del caso.
Ciao Vanessa,
benvenuta. Ti presento ai nostri lettori con quello che so di te. Sei
originaria di Udine, hai preso la laurea al Dams di Bologna e poi ti sei
trasferita a Milano per lavoro, dove ti sei fermata e vivi tuttora. Ora
continui tu?
Direi che già così è
un’ottima sintesi spazio-temporale della mia vita per come si è svolta fino a
oggi. Possiamo aggiungere che a Bologna mi sono spostata in cerca di un
ambiente più stimolante e che a Milano mi sono trasferita per il desiderio di
lavorare nell’editoria. Nanda Pivano, quando l’ho incontrata vent’anni fa per
la tesi di laurea, mi aveva avvisato di non farlo, di non lavorare
nell’editoria, perché le persone sono sottopagate e l’ambiente non è sempre
esaltante, suggerendomi di seguire una carriera giornalistica. Non so
francamente, visto poi come sono cambiati gli organi d’informazione, se la
strada giornalistica sarebbe stata davvero preferibile, ma se non ho seguito il
consiglio di Nanda Pivano è stato semplicemente perché lavorare nell’editoria
era l’unica cosa che mi interessava e l’unica che riuscivo a immaginare di
fare. E sì, è vero, molto spesso si è sottopagati e mi è abbastanza chiaro il
senso delle parole della Nanda, ma nonostante tutto ancora oggi è l’unico
lavoro che vorrei fare.
Hai sempre lavorato
nel mondo dell'editoria, con quali funzioni? Attualmente con quale casa
editrice collabori?
Ho iniziato lavorando
in uno studio che si occupava soprattutto di editoria scolastica. Il primo
incarico che mi è stato affidato è stato quello classico della correzione di
bozze e dopo un po’ ho cominciato a occuparmi di redazione e di impaginazione.
All’attività “sul campo” ho affiancato l’approfondimento per conto mio: la
mattina sull’autobus e la sera al ritorno avevo sempre un libro sulla storia
dell’editoria italiana, sulle regole tipografiche e sui programmi
d’impaginazione, e insomma su “tutto quello che fa un libro”. Da qualche anno
collaboro con la redazione dei Gialli Mondadori.
Nel 2001, pur
continuando la tua solita professione, hai anche deciso di aprire una tua casa
editrice di cinema e teatro, Il principe costante Edizioni, che hai
gestito per dieci anni. Ci racconti di questa attività e il motivo per cui hai
deciso di terminarla?
Il principe costante è stato un’avventura
bellissima, una minuscola casa editrice specializzata in cinema e teatro,
immaginata, voluta e gestita da me e Valeria Ravera. È stata un’immersione
totale nell’editoria, perché ci siamo occupate in prima persona di tutti gli
aspetti: dalla direzione editoriale all’ideazione delle collane e delle
copertine, dai progetti grafici dei libri al rapporto con gli autori, dalla
redazione alla correzione bozze, dall’impaginazione alla gestione del magazzino
(anche se ora la mia schiena risente del glorioso periodo in cui gli scatoloni
di libri arrivavano ed erano da ritirare e smistare…). E ci ha regalato la possibilità
di lavorare con artisti e studiosi che stimavamo e ammiravamo. Il principe
costante è stato prima di tutto un impulso vitale, credo che sia questa la
definizione migliore, un’attività in cui abbiamo riversato tempo energie
passione gioia: era inevitabile che l’impulso piano piano si consumasse. Era
fisiologico, non essendo un’attività economicamente redditizia (è alquanto
improbabile che una casa editrice di quelle dimensioni e con quella
specializzazione lo sia) e a cui dedicavamo il nostro tempo libero. Grazie
all’apporto della stampa digitale (di cui siamo state tra le prime all’alba
degli anni Duemila ad avvalerci per la stampa dei libri) che ci ha consentito
di fare piccole tirature e dunque piccoli investimenti, è stata un’impresa
sostenibile (per noi l’assunto fondamentale era con i proventi di un libro si
pagassero le spese di quello successivo), ma un po’ alla volta il tempo libero
e le energie sono stati reclamati anche da altro. Non è una storia triste la
chiusura della nostra casa editrice, è stato solo il consumarsi dell’impulso
che le aveva dato vita. Naturalmente non è stato tutto rose e fiori (ci sono
stati, ad esempio, alcune librerie prima e il distributore poi che non
pagavano), ma Il principe costante è stato l’espressione della nostra
passione per i libri, il cinema e il teatro, ed è continuato fino a quando ce
ne sono state le condizioni. Non avrei mai potuto curare la scrittura, non al
livello che mi interessava, se avessi dovuto ancora occuparmi del “principe”.
A un certo punto, hai
pensato bene di passare dall'altra parte della barricata e di metterti a
scrivere. Hai iniziato con un testo teatrale, “Le nuvole nel piatto"
che si è concretizzato in una lettura scenica al Teatro Manzoni di Calenzano,
con attori del calibro di Laura Curino e Federica Fracassi. Come si suol dire:
un esordio con il botto! Successivamente ti sei dedicata a un progetto di
narrativa suddiviso in diversi movimenti che è tuttora in corso. Ci spieghi di
cosa si tratta?
Definirlo un progetto
significa innanzitutto dire che non si esaurisce in un unico libro. “La
vertigine del caso” è il nome che ho scelto per l’intero progetto e il
volume che è uscito quest’anno è il primo. Io però, piuttosto che di volumi,
preferisco parlare di movimenti. Infatti sulla copertina, sotto il titolo e
l’illustrazione, c’è scritto “Primo movimento”. Questo primo movimento è
a sua volta composto da due racconti, “L’eleganza matta” e “Vertigini
e stravedimenti”, che esplorano le stesse tematiche e ne rappresentano il
lato A e il lato B: “L’eleganza matta” mantiene un carattere più aereo,
“Vertigini e stravedimenti” va più in profondità. Ci sono gli stessi
personaggi principali (Mic e Sam) e la stessa voce narrante (Mic), a cui si
aggiungono via via altre figure. Alcune di queste non compaiono un’unica volta,
ma le seguiremo per un po’ di tempo, come succede con la signora Adriana, che
si affaccia nell’“Eleganza matta”, torna da protagonista in “Vertigini
e stravedimenti”, e sarà presente anche nel secondo movimento. Non è però
un progetto definito a priori, alla J.K. Rowling, tanto per citare un
famosissimo caso, che ha iniziato a scrivere la saga di Harry Potter avendone
già in mente l’intero sviluppo. Sto lavorando al secondo movimento e ho qualche
spunto e qualche suggestione per il terzo, ma nulla è ancora deciso, nemmeno la
lunghezza complessiva, per cui chissà, potrebbe continuare per decenni o anche
finire il prossimo anno… Come il primo, anche il secondo movimento sarà
composto da due racconti lunghi, che usciranno prima di tutto in ebook, mentre
la versione cartacea verrà pubblicata solo quando il movimento sarà completo.
Ho deciso dunque di sfruttare il digitale e il cartaceo in due modi differenti:
il digitale mi permette di rendere disponibili anche le tappe intermedie (che
sono comunque pensate per essere autosufficienti, in sé concluse).
Trovo che la tua
idea, ambiziosa e interessante, possa essere frutto solo di una mente artistica
ampia e dotata. Tant'è che non ti sei limitata alla pubblicazione di un libro,
ma anche alla composizione del testo di una canzone (che si trova nel libro
stesso) e che possiamo ascoltare a questo link. Come ti è venuta questa
idea?
In “Vertigini e
stravedimenti” c’è una locomotiva d’epoca che percorre la pianura padana da
Torino a Venezia. A bordo ci sono sei artisti e a ognuno di loro un festival ha
affidato il compito di scrivere un pezzo che sia in tema con il titolo “Un
viaggio nel tempo e nell’identità”. Uno dei sei artisti in questione è un
cantautore. Ho immaginato che lui, piuttosto che buttare giù qualche riga in
prosa, preferisse ragionare in termini di canzone e che finisse per scrivere i
versi di un brano. Ho dunque provato a cimentarmi in quest’impresa ed è così
che è nato il testo di “Stravedimento”. Però, per essere sicura che
quanto avevo scritto potesse realmente funzionare (io purtroppo non ho una
grande predisposizione musicale), ho chiesto aiuto a un amico cantautore,
Alessandro Arbuzzi. Alessandro mi ha risposto: “C’è un unico modo per esserne
certi: proviamo a musicarlo”, che è quello che ha fatto. Dato che il risultato
ci è piaciuto, un caldissimo giorno di luglio ci siamo chiusi in una saletta di
registrazione, per cominciare a dare una prima forma alla canzone, in attesa di
ulteriori sviluppi...
Non ancora
soddisfatta, dal progetto è sorto anche un brevetto industriale. Beh! Questa
cosa mi incuriosisce oltre ogni limite. Ci puoi dire, a grandi linee, in cosa
consiste e come si lega al progetto stesso?
Nel libro ci sono le
cabine spalma-crema: sono al centro dell’“Eleganza matta”, che è
ambientato in un caldo weekend di fine maggio in uno stabilimento balneare, e
tornano in “Vertigini e stravedimenti” (anche se in forme diverse, vale
a dire in un’installazione alla Biennale e in un videogioco). Le cabine
spalma-crema sono simili a degli autolavaggi in miniatura ma le spazzole al
loro interno, invece di lavare le macchine, spalmano la crema solare sul corpo
delle persone che vi entrano. È un’idea che è venuta a me e Valeria Ravera,
nata da una battuta detta per scherzo e diventata poi un’immagine via via più
precisa, e che io mi sono divertita a trasformare in un’invenzione letteraria.
Scrivendo “L’eleganza matta” ne ho immaginato fin i più piccoli
dettagli, e quando poi alcune persone hanno letto il racconto e hanno saputo
come era nata l’idea delle cabine hanno incitato me e Valeria a brevettarle.
Non è però possibile depositare una semplice idea, bisogna presentare un
progetto vero e proprio, cosa che francamente ci sembrava al di fuori della
nostra portata, dato che nessuna di noi due ha competenze tecniche in materia.
Però ormai la cosa aveva cominciato a girarci in testa e, come ai tempi del
Principe costante, ancora una volta ha avuto il sopravvento il motto “Tentar
non nuoce”. Abbiamo dunque fatto ricerche su come si presenta un brevetto, tra
regole scritte e regole non scritte, abbiamo studiato i meccanismi e cercato i
termini tecnici, abbiamo coinvolto un’amica che ci ha aiutato a fare al
computer i disegni da allegare e abbiamo inviato la nostra richiesta
all’Ufficio Marchi e Brevetti del Ministero dello Sviluppo economico. Ci
abbiamo lavorato seriamente ma l’abbiamo preso come un gioco, un’incursione e
un’esperienza in un ambito a noi sconosciuto. E a febbraio di quest’anno, due
anni e mezzo dopo la presentazione della domanda, ci è arrivata la notizia che
il brevetto ci è stato concesso. Le cabine spalma-crema da invenzione
letteraria si sono trasformate in un brevetto per invenzione industriale, con
il nome ufficiale di cabine di fotoprotezione con spazzole spalmanti.
Ora rimane da scoprire se prima o poi arriveranno su una spiaggia che non sia
quella dell’“Eleganza matta”…
E ora veniamo al
libro che hai pubblicato a maggio 2016 e che si intitola: La vertigine del
caso. Un riuscito connubio tra racconto, romanzo e poesia. Per certi
scritti diventa particolarmente difficile catalogarli in un determinato genere,
nel caso del tuo si può fare? Se sì, a quale genere appartiene?
Ecco, io in effetti
faccio difficoltà a catalogarlo. “L’eleganza matta” e “Vertigini e
stravedimenti” possono essere definiti “racconti lunghi”, è una descrizione
che preferisco a quella di “romanzi brevi”, la trovo più calzante. Però non
definirei “La vertigine del caso” una raccolta di racconti. Per questo parlo di
lato A e lato B, perché i due racconti, pur mantenendo una loro autonomia,
acquistano completezza di significato se letti come due parti di uno stesso
volume e il volume è tale solo se composto da queste due parti che vanno perciò
a formare un tutt’uno. Forse il progetto totale potrà essere definito romanzo,
forse già questo primo movimento può essere definito tale, un romanzo fatto di
due racconti. Non so. L’unica categoria in cui mi riconosco senza difficoltà è
quella della narrativa letteraria. Per il resto non mi dispiacerebbe che fosse
qualcun altro a trovare o a inventarsi la definizione più calzante.
A grandi linee, ci
racconti la sua trama?
Qua e là
nell’intervista ho già svelato alcuni elementi. Ad esempio, che “L’eleganza matta”
è ambientato in una località di mare. È là che Mic e Sam si concedono un
weekend all’inizio della stagione estiva, per scoprire cosa sono queste famose
cabine spalma-crema di cui hanno tanto sentito parlare. Cosa siano qui l’ho già
raccontato, ma quello che nel libro è fondamentale è l’esperienza sempre un po’
cangiante e totalmente personale che ne fa Mic. “L’eleganza matta”
restituisce quest’esperienza che diventa anche un’esplorazione della
creatività, arricchita dall’incontro con una serie di persone conosciute in
spiaggia, ad esempio un bimbo che dà a Mic un’interpretazione ancora diversa
delle cabine, l’inventore stesso delle cabine spalma-crema, che è un ingegnere
islandese impegnato a fare il tour degli stabilimenti balneari in cui è presente
la sua invenzione, e la signora Adriana, una signora settantenne che cerca di
fare amicizia con Mic e Sam, nonostante la ritrosia di Mic. “Vertigini e
stravedimenti” è il racconto di un altro piccolo viaggio, questa volta a
Venezia e in compagnia della signora Adriana, che nel frattempo ha vinto le
resistenze di Mic. C’è una locomotiva a vapore che blocca i binari la sera che
Mic, Sam e la signora Adriana stanno raggiungendo in treno la città lagunare.
Come si scoprirà in seguito, i sei artisti che erano sul treno d’epoca (e a cui
ho già accennato in relazione alla canzone) sono scomparsi nel nulla. “Vertigini
e stravedimenti” alterna lo sguardo di Mic, che sceglie di andare a Venezia
perché per una domenica i canali saranno nuovamente aperti a chi ci si vorrà
tuffare dentro, alle voci dei sei artisti, al fantasma di Ettore Majorana, alle
riflessioni della signora Adriana, spalleggiata da Sam, fino alla sintesi
finale quando Mic nuota nei canali veneziani e fa esperienza di quello
“stravedimento” di cui parla la canzone.
A quale pubblico
presumi possa essere rivolto? Quale vorresti principalmente conquistare?
Devo confessarti che
non mi pongo preclusioni in tal senso. Non per ambizione sfrenata, ma perché
non immagino una divisione per età, genere, professione, grado d’istruzione.
Cerco semplicemente un lettore che abbia voglia “di essere e di fare” davvero
il lettore, che significa stare al gioco e allo stesso tempo mettersi in gioco.
Per coloro che, nonostante la tua ottima presentazione, non si fossero ancora
convinti a leggere La vertigine del caso, cosa potresti
aggiungere?
Che la mia scrittura
ha un tocco lieve e dentro questa lievità trovano rifugio un sacco di cose.
Ora siamo giunti alla fine. Non mi resta che ringraziarti per la tua
disponibilità e farti un grosso in bocca al lupo, non solo per questa tua prima
pubblicazione, ma per una totale e soddisfacente realizzazione di tutto il tuo
progetto.