sabato 29 ottobre 2016

Recensione de La vertigine del caso su Il mio mondo inventato

Secondo Chiara Nicolazzo del blog Il mio mondo inventato, La vertigine del caso «propone una narrazione “nuova”, “innovativa”» ed è uno di quei libri «che devono essere letti con la consapevolezza che tu, lettore, devi porti nei suoi confronti in maniera attiva, entrare dentro i pensieri di Mic e scatenarne di nuovi, in un continuo dialogo con i personaggi delle storie».
Qui di seguito il pezzo relativo a La vertigine del caso.

#3. La vertigine del caso di Vanessa Chizzini
Il terzo libro di cui voglio parlarvi oggi è, invece, quello che di più tra tutti mi ha dato l’impressione di essere un libro “impegnato”, uno di quelli che va al di là della storia che contiene e si pone come pretesto per riflettere sulla vita, sulla nostra identità, sulle nostre percezioni. Il libro è suddiviso in due racconti lunghi, i cui protagonisti sono sempre li stessi. Nel primo racconto, intitolato L’eleganza matta, troviamo Mic e Sam, due amici che si concedono un weekend al mare in occasione dell’inaugurazione delle cabine spalmacrema.

Pensare non è altro che prepararsi. Disegnare una mappa, stabilire un percorso, e un piano di riserva nel caso in cui le cose dovessero andare storte. O salvarsi con la fantasia, immaginando uno scenario che ci corrisponda più di quello reale e magari provando, giorno dopo giorno, a mettere in atto le nostre rivoluzioni, grandi e piccole. Sempre con la convinzione che siano belle, ancora con la speranza che possano essere non violente. Temo che qualcosa nella mia vita sia da cambiare. Ci vorrebbe un’idea, ma tutto quel che posso fare è pensare. Correggere la mappa. Forse si tratta solo di orientarsi meglio, magari di girarsi di qualche grado verso il sole. O di ripararsi all’ombra.

Qui conoscono Adriana, una vedova arzilla ancora profondamente legata al suo defunto marito, con la quale stringono amicizia. Ritroviamo, infatti, i personaggi nel secondo racconto lungo, intitolato Vertigini e stravedenti, quando i tre decidono di trascorrere un weekend a Venezia, tra mostre e calli piene di gente.

L’identità è un treno del passato che si muove nel presente. Gli altri vedono quello che siamo stati e quasi mai quello che siamo, anche se a volte il passato e il presente quasi coincidono e l’immagine riflessa ci corrisponde ancora. Siamo una locomotiva d’epoca, e il meglio che si possa dire di noi è che siamo messi a nuovo e tirati a lucido, più splendenti dei treni con l’aria condizionata e il wi-fi, più affascinanti perché abbiamo molto viaggiato e molto vissuto, e abbiamo visto chissà quanti posti e persone, e chissà quante cose abbiamo da raccontare.

La Chizzini propone una narrazione “nuova”, “innovativa”- non so quale termine scegliere tra i due – rispetto a quello che leggo abitualmente, nel senso che si tratta di due racconti completamente indipendenti tra di loro, ma, se guardati da un’altra prospettiva, anche complementari: possono essere intesi come racconti a sé, con un inizio, uno svolgimento e una fine, ma anche come passi di un percorso più lungo che non si sa dove porterà il lettore. La vertigine del caso è, infatti, il  primo movimento di un progetto che l’autrice non sa quanto andrà avanti e neanche dove porterà. Il lettore, quindi, si ritrova in un percorso in itinere, dove il weekend al mare e quello a Venezia, con le esperienze che comportano, altro non sono che espedienti grazie ai quali Mic scatena le sue riflessioni più profonde. Riflessioni che hanno a che vedere con la felicità, la diversità, le scelte di vita, i rapporti tra le persone, i ricordi. Credo che questo sia uno di quei libri che non sono alla portata di tutti e che devono essere letti con la consapevolezza che tu, lettore, devi porti nei suoi confronti in maniera attiva, entrare dentro i pensieri di Mic e scatenarne di nuovi, in un continuo dialogo con i personaggi delle storie.


In questa domenica di metà agosto risalgo felice le montagne, mi aggrappo alla roccia, guardo verso il basso e mi dondolo in un moto alternato di vertigini e stravedimenti. Le montagne sono dentro il mare, in un grumo del tempo dove la scoperta è giovinezza e la giovinezza, come l’infanzia, è una stagione che torna e a volte non se ne va, uno di quei momenti che non pensano al futuro perché sono in se stessi futuro, un oggi proiettato nel domani come una goccia di luce azzurrata che cade regolare e cadenza le bracciate, che mi porta sempre un po più in là e mi avvisa di andare piano, mentre l’acqua si increspa e fa tremolare l’immagine di me e della città che vi si riflette, e ci mette in salvo dagli sguardi di chi ci vorrebbe racchiudere in un’unica occhiata moltiplicandoci come in una scomparsa, come negli sdoppiamenti che precedono gli svenimenti, come nelle confusioni che preparano le rivelazioni.
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